Non è il solito magazine. Compasses è l’occasione per architetti, interior designers o semplici appassionati per restare aggiornati su idee, innovazioni e nuove tendenze in materia di pianificazione urbana, architettura e design. I membri del nostro comitato scientifico selezionano saggi, riflessioni e articoli di approfondimento che compongono ogni numero della rivista con un taglio monografico.
Ogni uscita di Compasses ha infatti un topic fondamentale, riassunto da una parola chiave, attorno al quale ruotano tutti gli articoli. Compasses si rivela così un oggetto profondamente attuale e seducente, ma al contempo un volume da collezionare, un luogo di contenuti di altissima qualità in cui dialogare e confrontarsi a livello internazionale.
Non è il solito magazine. Compasses è l’occasione per architetti, interior designers o semplici appassionati per restare aggiornati su idee, innovazioni e nuove tendenze in materia di pianificazione urbana, architettura e design. I membri del nostro comitato scientifico selezionano saggi, riflessioni e articoli di approfondimento che compongono ogni numero della rivista con un taglio monografico. Ogni uscita di Compasses ha infatti un topic fondamentale, riassunto da una parola chiave, attorno al quale ruotano tutti gli articoli. Compasses si rivela così un oggetto profondamente attuale e seducente, ma al contempo un volume da collezionare, un luogo di contenuti di altissima qualità in cui dialogare e confrontarsi a livello internazionale.
24 pagine di articoli scientifici, saggi critici, riflessioni e idee riguardanti il focus del numero
Un totale di 8-10 disegni, sia architettonici che su scala urbana, di architetti internazionali
La sezione dedicata all’interior design, ai nuovi materiali, alle nuove forme da cui trarre ispirazione
Una parte sostanziale della cattedrale di Notre-Dame non è più. Poche ore di fuoco, inspiegabilmente appiccato e sconsideratamente incontrollato, hanno potuto distruggere secoli di storia. Il coraggio dei pompieri e la forza della pietra hanno salvato la struttura, ma molto – troppo – è perduto per sempre. Qualcuno ha scritto che il danno non è poi così grave ed in parte è vero, in rapporto allo sgomento che tutti abbiamo provato, quella notte del 15 aprile scorso, di fronte alla paura di svegliarci il giorno dopo e ritrovare in piedi solo l’involucro esterno della grande cattedrale.
Ma ciò non significa che quello che si è perduto non avesse un valore inestimabile: strutture lignee che in gran parte risalivano al XIII secolo, aggiunte successive tutte congruenti con i modi tradizionali della costruzione gotica e, soprattutto, parti restaurate o ricostruite da Eugène-Emmanuel Viollet-le-Duc, tra le quali la celeberrima flèche – la guglia – che costituivano (è difficile usare l’imperfetto, ma purtroppo è così) un pezzo di storia del restauro stilistico ottocentesco.
Un intervento, quello di Viollet, notissimo a livello internazionale e topos della formazione di base di qualunque studente di architettura.
Le opere realizzate dal celebre architetto tra il 1844 e il 1864, prima in collaborazione con il più anziano e autorevole Jean-Baptiste Lassus, poi da solo, rappresentano infatti ormai un pezzo di storia della cattedrale parigina altrettanto significativo quanto le stratificazioni precedenti e non è ammissibile considerare la loro perdita un “male minore”. Architetto geniale e colto – ancora in attesa di una piena rivalutazione della sua multiforme e complessa personalità, soprattutto in Francia, benché in occasione del bicentenario del 2014 siano proliferate nuove pubblicazioni ed alcune esposizioni – Viollet-le-Duc aveva condotto il restauro di Notre-Dame con amore e dedizione.
Una parte sostanziale della cattedrale di Notre-Dame non è più. Poche ore di fuoco, inspiegabilmente appiccato e sconsideratamente incontrollato, hanno potuto distruggere secoli di storia.
Il coraggio dei pompieri e la forza della pietra hanno salvato la struttura, ma molto – troppo – è perduto per sempre. Qualcuno ha scritto che il danno non è poi così grave ed in parte è vero, in rapporto allo sgomento che tutti abbiamo provato, quella notte del 15 aprile scorso, di fronte alla paura di svegliarci il giorno dopo e ritrovare in piedi solo l’involucro esterno della grande cattedrale.
Ma ciò non significa che quello che si è perduto non avesse un valore inestimabile: strutture lignee che in gran parte risalivano al XIII secolo, aggiunte successive tutte congruenti con i modi tradizionali della costruzione gotica e, soprattutto, parti restaurate o ricostruite da Eugène-Emmanuel Viollet-le-Duc, tra le quali la celeberrima flèche – la guglia – che costituivano (è difficile usare l’imperfetto, ma purtroppo è così) un pezzo di storia del restauro stilistico ottocentesco.
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